Premessa.
Questo post, nel momento in cui ho iniziato a scriverlo, voleva parlare dei miei dubbi (approssimativi) sulle buste della spesa, sulla burocrazia, sulle foto, sulla décroissance (alla Latouche), su ciò che sento alle miriadi di conferenze alle quali precipito, su Gorbatchev e la sua Green Cross International (e le pubblicità per Louis Vuitton e Pizza Hut), sullo sviluppo, sulla microfinanza (e il suo impatto), sulla sospetta evoluzione del concetto di uguaglianza in equità (molto sospetta), sullo sciopero e l'occupazione, sul fenomeno facebook, della nostra nuova associazione (nata ieri), del sito dell’Università di Firenze (è cambiato e mi ci sono persa), del nuoto, del boogie swing, di “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” (e della mia nuova paura della vitamina B6).
Poi in realtà, quando ho iniziato a scrivere, mi sono accorta che la faccenda si faceva un po’ lunga. Data la mia passione in questo periodo per le frivolezze, (vedere gli elogi al lievito di birra e dissertazioni sugli smalti), ho sfiorato due punti due in una pagina e un po’ di tempo. Ultimamente di tempo ne ho sempre meno (ma sto imparando forse ad usarlo meglio) e mi son detta che data l’ispirazione avrei piuttosto potuto scrivere a Valeria, che conosce i miei mutismi e in cambio mi trasmette ottimi bon plans dalla Suisse voisine (grazie e spero di potere…metro permettendo, RER B sbarrata).
Ma anche questa premessa è diventata infinitamente lunga, e devo ancora mangiare, e preparare il plan del mio mémoire (che farò finta abbia raggiunto dei contorni concreti, o, in mancanza d'altro, riciclati), da consegnare a Hillcoat. Domani sveglia presto, e data la situazione, a lezione a piedi (o in vélib, si possible), non a Nogent.
Il tempo e il non-sense sono il motivo per cui questo blog si autodistruggerà tra un numero ancora non precisato di momenti.
In più ho scoperto che non riesco più a parlare né a scrivere in nessuna lingua. Sono prossima all’autismo.
quindi
Ognuno ha i suoi dubbi. Approssimazioni.
-Le buste della spesa. Continuavo a chiedermi perché in genere i supermercati più diffusi qui insistessero nell’offrire le buste per la spesa. E non delle buste grandi resistenti, e riutilizzabili tipo quelle della Coop o dell’Esselunga (cito per abitudine). No, delle bustine che al massimo ti ci sta dentro, che ne so, qualche mela, il latte ed un cespo di insalata, e che se sei fortunata non ti si rompono lì alla cassa mentre cerchi di riempirle, ma che appena arrivi a casa sono sicuramente da buttar via. L’altro giorno sono stata per curiosità al mitico iper-mercato cinese (Tang Frères, oh yeah! grazie a Mihoko), e la cassiera, per le pochissime cose che avevo comprato (soja e salsa di soja, cioè due delle poche cose che son riuscita a riconoscere coi miei occhi stanchi), mi ha dato due buste…..da mettere una dentro l’altra, insistendo davanti alla mia faccia contrariata…”altlimenti una sola si lompe!” (ovviamente mento, parlava in francese, ma nel dire “casser” non c’è nessuna r da trasformare). Grazie tante, ma che me ne faccio? Voglio dire, io ce l’ho di solito la mia busta della spesa ecologica, ma quando me la dimentico quella che mi dai tu la lo voglio pagare. Così la prossima volta imparo a portarmela dietro. E in più, se proprio me la vuoi regalare, almeno regalamene una che possa utilizzare più volte. È conveniente per te, dal punto di vista economico (una busta grande e resistente, contro un numero imprecisato di bustine inutili che utilizzerei per più spese), e dal punto di vista ambientale (quanta plastica consumiamo?).
Nota positiva. Ieri al Franprix qui accanto ho scoperto che finalmente hanno fatto sparire le bustine proponendo una busta grande al costo di 30 centesimi (contro 3 centesimi nella mia memoria dell’Esselunga). Un po’ cara, ma forse corrisponde davvero alla sua ecological footprint, e costituisce un buon disincentivo. Insomma, come direbbe Blanca, Franprix bien!
Ogni volta che lancio lo sguardo sull’insalata è già morta da diversi giorni, le pere sono rigorosamente belle fuori e marce dentro e le uova che ho tentato di comprare ieri scadevano oggi. Ma, insomma, una cosa per volta.
- Se non fosse ancora abbastanza chiaro: io odio la burocrazia. Ogni giorno si aggiunge qualcos’altro. Ora la CAF vuole la copia integrale del mio atto di nascita. Per verificare che non sia ? sposata (!). Il comune di Ghilarza mi darà una copia su modello internazionale (plurilingue)? Normalmente esiste per l’estratto di nascita. Oppure dovrò tradurlo io? E andare di nuovo in tribunale a dire: “Giuro di aver bene e fedelmente adempiuto al compito affidatomi al solo scopo di far conoscere ai giudici la verità”? Oh no!
Un dubbio risolto: iniziavo a chiedermi se avrei mai ricevuto la mia carta dello studente. Se la mia carte Imagine’R (l'abbonamento alla RATP tariffa studente) non dovesse trasformarsi davvero in una carte imaginaire. Ma ieri nella cassetta della posta: surprise surprise!! Ora sono una studentessa della Sorbona a tutti gli effetti. E finalmente ho potuto fare richiesta d’abbonamento per la metro (e sostituire la costosissima Carte Orange).
Prima di completarla: missione foto-tessera. Chi mi conosce da un po’ di tempo sa quanto questa sia impresa ardua per la sottoscritta. Forse non occorre precisare che ho dovuto farle due volte, che la “photomaton” scelta era proprio dello stesso tipo della famosa macchinetta dell’Esselunga di via di Novoli delle mie foto pre-Londra (ovvero tre possibilità, ma l’ultima è quella che vince, anche se nel momento ti convinci - e hai ragione- che la seconda o la prima erano molto meno disastrose).
Beh vabbé ho migliorato la tecnica, non sembro più appena uscita dall’esorcista (e non sembra neanche una foto di quando avevo 50 anni), ma la mia faccia è enorme, (come quella della mia amica grassa e noiosa che ora ha almeno internet, ma non il fidanzato), e il mio sguardo è incredibilmente assente (un ricordo degli amici punkabbestia?).
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….to be continued….?